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MORO: i 55 giorni che cambiarono l'Italia

scritto da

Ferdinando Imposimato e Ulderico Pesce

Interventi in video del giudice Ferdinando Imposimato
interpretato e diretto da Ulderico Pesce

 

Scheda artistica

“Non l’hanno ucciso solo le Brigate Rosse, Moro e i ragazzi della scorta furono uccisi anche dallo Stato.”     Questa frase è il fulcro dell’azione scenica ed è documentata dalleindagini del giudice Ferdinando Imposimato, titolare dei primi processi sul caso Moro, che nello spettacolo compare in video interagendo con il protagonista e rivelando verità terribili che sono rimaste nascoste per quarant’anni. Il titolo dello spettacolo è “moro” con la “m” minuscola a voler sottolineare che nel cognome del grande statista c’è la radice del verbo “morire”. Come se la “morte” di Aldo Moro fosse stata “scritta”, fosse cioè necessaria per bloccare il dialogo con i socialcomunisti assecondando i desideri dei conservatori statunitensi e dei grandi petrolieri americani in Italia rappresentati da Giulio Andreotti e Francesco Cossiga che, dopo la morte di Moro, ebbero una folgorante carriera e condannarono l’Italia alla “sudditanza” agli USA.   Moro sente che uomini di primo piano del suo stesso partito “assecondano” la sua morte trincerati dietro “la ragion di Stato” e lo scrive in una delle ultime lettere che fanno da leit motive dello spettacolo: “Il mio sangue ricadrà su di voi, sul partito, sul Paese. Chiedo che ai miei funerali non partecipino né Autorità dello Stato, né uomini di partito. Chiedo di essere seguito dai pochi che mi hanno voluto veramente bene e sono degni di accompagnarmi con la loro preghiera e con il loro amore”.

IL RACCONTO SCENICO

Il racconto scenico parte dai fatti del 16 marzo 1978 quando fu rapito Aldo Moro e furono uccisi gli uomini della scorta: Raffaele Iozzino, Francesco Zizzi, Domenico Ricci, Giulio Rivera e Oreste Leonardi. Raffaele Iozzino, unico membro della scorta che prima di morire riuscì a sparare due colpi di pistola contro i terroristi, era di Casola di Napoli e proveniva da una famiglia di contadini. Raffaele, alla Cresima, aveva avuto in regalo dal fratello Ciro un orologio con il cinturino in metallo. Ciro, quella mattina del 16 marzo era a casa e casualmente, grazie al vecchio televisore Mivar, vide l’immagine di un lenzuolo bianco che copriva un corpo morto. Spuntava da sotto al lenzuolo soltanto il braccio con l’orologio della Cresima. Questa è l’immagine emblematica che ricorre più volte nelle video proiezioni, questa immagine è la radice prima del dolore di Ciro, protagonista dello spettacolo. Questo dolore diventa rabbia, e questa rabbia lo spinge a rintracciare il giudice Imposimato titolare del processo al quale chiede di sapere la verità. Sarà il rapporto tra Ciro e il giudice, strutturato su questo forte desiderio di verità, a rendere chiaro al pubblico che la morte di Moro e dei giovani membri della scorta furono è “assecondata” dai più alti esponenti dello Stato italiano con la collaborazione dei Servizi segreti americani.

Nello spettacolo assume una funzione altrettanto importante l’incontro e l’amicizia tra Ciro Iozzino e Adriana, la sorella del poliziotto Francesco Zizzi, altro membro della scorta di Moro, proveniente da Fasano in provincia di Brindisi, che quella mattina del 16 marzo era al suo primo giorno di lavoro sostituendo la guardia titolare che la sera prima, “stranamente”, era stata mandata in ferie. Francesco, diventato da poco poliziotto, aveva una grande passione per la chitarra e cantava le canzoni di Domenico Modugno, pugliese come lui e come lo stesso Aldo Moro che, in macchina, quella mattina, affrontava gli ultimi giorni della sua vita, ascoltando Zizzi che cantava “La Lontananza” di Modugno.

L’ingenuità e la leggerezza dei membri della scorta irrobustiscono la disperata determinazione di Ciro Iozzino nella ricerca della verità. Questa ricerca lo porterà di fronte a molte “stranezze” portate avanti da statisti come Giulio Andreotti e Francesco Cossiga. Tra le “stranezze” scoperte e denunciate da Ciro Iozzino nello spettacolo ne ricordiamo alcune: in genere un’ora dopo il rapimento di una persona le indagini venivano assegnate, come stabilito dal Codice di procedura penale, al giudice istruttore che a Roma, il giorno in cui avvenne la strage, era Ferdinando Imposimato. Invece le indagini, trasgredendo il Codice, rimangono nelle mani della Procura della Repubblica di Roma che le affida al giudice Imposimato solo il 18 maggio 1978 quando Aldo Moro è già stato ucciso da nove giorni.

Storie di scorie: il pericolo nucleare in Italia

 

Storie ScorieScheda Artistica

di e con Ulderico Pesce

Spettacolo vincitore dei seguenti premi: PREMIO FRANCO ENRIQUEZ 2008 per un teatro e una comunicazione d’impegno civile; PREMIO CALANDRA 2008; PREMIO NAZIONALE LEGAMBIENTE 2005;

“Storie di Scorie” vuole ricostruire prevalentemente l’avvento dell’industria nucleare italiana, il pericolo che ancora oggi rappresenta e le modalità tecniche del funzionamento di una centrale atomica.
Il testo racconta la vita di Nicola, figlio di un contadino del Metapontino, in provincia di Matera, che per tutta la vita ha lavorato la terra. Il figlio Nicola, invece, lavora come addetto alle pulizie nel deposito nucleare della Trisaia di Rotondella, a due passi dalla masseria di famiglia dove, negli anni ’60, arrivarono 84 barre di uranio radioattivo provenienti dagli USA delle quali, 64 sono ancora conservate nel deposito lucano, altre riprocessate, altre ancora sono stoccate nel deposito nucleare della Casaccia a 25 chilometri a nord-est di Roma. Nicola, avendo scoperto e denunciato incidenti ed illeciti da parte dell’Enea che gestisce il deposito, viene licenziato. Senza lavoro, dopo un periodo di disperazione, si arruola nell’Esercito italiano e viene portato nel Poligono sperimentale di Salto di Quirra in Sardegna dove, nei territori limitrofi, le malattie tumorali sono aumentate in pochi anni del 15%. Qui impara a “gestire” i proiettili all’uranio impoverito. Successivamente parte volontario per la Bosnia dove respira polvere di uranio e si ammala. Tornato cerca un nuovo lavoro e viene assunto come postino a tempo determinato a Saluggia, in provincia di Vercelli, la piccola casa che ha preso in affitto, lungo le sponde della Dora Baltea, affaccia sul deposito nucleare del luogo.
A novembre del 2003 decide di tornare in Basilicata per partecipare alla protesta contro il decreto 314 emanato dal Governo, secondo il quale a Scanzano Jonico, a due passi dall’azienda agricola del padre, dovrà nascere il deposito unico di scorie nucleari italiane.
Nicola sarà tra gli organizzatori della protesta contro il decreto e comincerà ad informare la popolazione sul pericolo del deposito nucleare della Trisaia di Rotondella dove ha lavorato per anni e nel contempo denuncerà la situazione di alto rischio in cui vivono oggi i depositi nucleari di Saluggia (VC), della Casaccia di Roma, e le ex Centrali atomiche di Latina, del Garigliano (CE), di Caorso (PC), di Trino (VC) e denuncerà infine l’elevata mortalità tra i soldati italiani che sono stati in missioni di guerra tra i quali, secondo la Direzione della Sanità Militare, si contano 2.500 ammalati e 216 morti.


Note di Ulderico Pesce: Il pericolo nucleare in Italia e il Teatro d’impegno civile

“La maggior parte degli italiani credono che il referendum del 1987 abbia bloccato il nucleare in Italia e con esso qualsivoglia tipo di pericolo. E invece non è così. E lo dimostro nello spettacolo Storie di scorie il pericolo nucleare italiano scritto con l’aiuto di giudici, fisici nucleari e indagini condotte in prima persona che hanno portato a dei video che mostro durante lo spettacolo e che attestano che il pericolo nucleare in Italia è vivo visto che abbiamo Centrali atomiche dismesse e depositi nucleari pieni di scorie radioattive per giunta custodite in maniera approssimativa e, in molti casi, senza il necessario rispetto dei vincoli di sicurezza.
Nello spettacolo parlo di vari incidenti nucleari avvenuti in questi ultimi anni di cui non ha mai parlato la stampa nazionale e dimostro che in Italia oltre i reattori nucleari dismessi ce ne sono altri attivi. Tra quelli dismessi il reattore di Caorso, in provincia di Piacenza, che comunque ha lasciato in stoccaggio 1.880 mc di rifiuti radioattivi e 1.032 elementi di barre radioattive pari a 187 tonnellate;  il reattore di Trino Vercellese in provincia di Vercelli che ha lasciato nel deposito nucleare di Saluggia, a pochi metri dalla Dora Baltea, 53 barre radioattive, 1.600 mc di scorie radioattive e circa 20 tonnellate di rifiuti liquidi radioattivi; il reattore di Latina che contiene 900 mc di scorie radioattive e quello del Garigliano, in provincia di Caserta, che contiene 2.200 mc di scorie radioattive.
Molti sono i reattori nucleari attivi sul suolo nazionale, per motivi di studio -“dicono”-, e che hanno prodotto barre radioattive, questi reattori sono in città come Milano, dove al Politecnico è in funzione il Cesnef e dove sono stoccate 2 barre radioattive; a Roma dove nell’impianto della Casaccia è ancora in funzione il reattore nucleareTriga che ha generato 147 elementi di combustibile irraggiato; a Varese dove nel Centro ISPRA è ancora attivo il reattore Esso R oltre a due laboratori in cui si lavora materiale radioattivo e due depositi dove sono stoccati 8 elementi di combustibile irraggiato e 3.000 mc di rifiuti radioattivi; a Voghera dove, l’Università di Pavia, tiene in funzione il reattore nucleare Lena e dove sono stoccate 4 barre di uranio.
Sempre in Lombardia c’è il deposito di materiale a bassa radioattività di Campoverde (Milano), e ancora il deposito “Controlsonic” (circa 1.000 mc di rifiuti radioattivi), il deposito “Crad”, attualmente in esercizio e circa 1.000 mc di rifiuti radioattivi. Il deposito “Gammatom” in provincia di Como altrettanti 1.000 mc di rifiuti radioattivi e “Protex”: impianto-deposito che contiene 1.000 mc di rifiuti a bassa radioattività. Nel deposito nucleare “Sorin” altri 1.000 mc e la stessa quantità è stoccata al centro “Cemerad” ancora in funzione. Ancora a Legnaro, in provincia di Padova abbiamo un impianto destinato alla ricerca universitaria dove sono stoccati 3.000 mc di materiale radioattivo ed alcune decine di elementi di combustibile irraggiato.
Ma non finisce qui l’elenco dei reattori nucleari ancora in funzione in Italia, a Pisa abbiamo il Cisam che produce ricerca militare, a Montecuccolino di Bologna e aVoghera in provincia di Pavia altri due reattori e ancora il deposito nucleare di Bosco Marengo (AL) con 250 mc di rifiuti radioattivi e quello di Rotondella in Basilicata dove sono stoccate 64 barre di uranio radioattivo e “custodite” circa 3 tonnellate di liquidi radioattivi in due cisterne di acciaio il cui livello di sicurezza è finito tanto che una delle due già il 14 aprile del 1994 si bucò facendo uscire il liquido radioattivo. Infine, a proposito di pericolo, non si possono non citare le armi atomiche presenti sul suolo nazionale, 40 bombe radioattive conservate a Ghedi vicino a Brescia e 50 ad Aviano nei pressi di Pordenone. Va  denunciata in chiusura l’aberrante situazione del Poligono Sperimentale del Salto di Quirra, in Sardegna, che si estende su 135 km2, dove per circa 50 anni sono state sperimentate varie armi che hanno prodotto malattie e morte. Alla luce di quanto accade a Fukushima le informazioni che divulgo nello spettacolo dal 2003, gettano una luce inquietante sul pericolo che i cittadini italiani vivono nell’indifferenza e nell’assoluta mancanza di informazioni. Su www.uldericopesce.it ho aperto una petizione popolare per bloccare tutti i reattori ancora in funzione in Italia, bonificare le aree e mettere in sicurezza tutto il materiale radioattivo presente sul suolo nazionale.”

Il DVD dello spettacolo è acquistabile su questo sito alla voce "acquista LIBRI e DVD"

 

L'innaffiatore del cervello di Passannante

L'innaffiatore del cervello di Passannante: L'anarchico che cercò di uccidere Umberto I di Savoia

 

Scheda Artistica

di e con Ulderico Pesce

Lo spettacolo ha partecipato al Festival Internazionale di Teatro di Santarcangelo di Romagna e a festivals in Cile, Argentina e Perù.

C’era una volta un paese in Basilicata che si chiamava Salvia dove era nato un uomo: Giovanni Passannante.

locandina passannateNel 1878 con un coltellino con una lama di quattro dita cercò di uccidere il re Umberto I di Savoia.
Condannato a morte la pena gli fu convertita in ergastolo mentre sua madre e i suoi fratelli furono immediatamente internati nel manicomio di Aversa.
Passannante fu rinchiuso in una torre sull’isola d’Elba in una cella senza finestre sotto il livello del mare dove fu isolato per dieci anni. Si ammalò, cominciò a cibarsi dei propri escrementi.
Anni dopo fu trasferito in un manicomio criminale dove morì nel 1910. Grazie alle teorie del Lombroso al cadavere fu tagliata la testa. Il cranio e il cervello esposti nel Museo Criminologico di Roma dove sono stati “ammirati” per quasi un secolo.

Grazie alle firme raccolte su questo sito i resti di Passannante sono stati sepolti nel suo paese natale. Quel paese si chiamava Salvia, ma fu ribattezzato “Savoia di Lucania” come ancora oggi si chiama.

Il testo è pubblicato ed è acquistabile prenotandolo su questo sito.

 

 

 

Asso di Monnezza: i traffici illeciti di rifiuti

 

Scheda Artistica

di e con Ulderico Pesce

Coprodotto da Legambiente e dal Teatro dei Filodrammatici di Milano

Asso di Monnezza: i traffici illeciti di rifiuti in Italia, racconta i traffici illeciti dei rifiuti urbani e soprattutto di quelli industriali, che attanagliano l'Italia tanto da far dire che il vero asso nella manica è “quello di monnezza”, vale a dire che l'immondizia smaltita illegalmente offre una grande possibilità di arricchimento soprattutto alla malavita.

E’ la storia di Marietta e della sua famiglia. Marietta è nata nella periferia di Napoli, a Pianura. Il balcone della sua casa si affaccia su una discarica di “monnezza” dove da 40 anni sono state sversate tonnellate di rifiuti, tra i quali 1000 tonnellate di liquidi chimici pericolosissimi provenienti dall’Acna di Cencio. Nata in una famiglia poverissima il suo primo giocattolo l’ha trovato proprio in questa discarica: una bambolina spelacchiata che ancora conserva; ma la discarica e i suoi fumi tossici le ha portato via tutta la famiglia, i genitori e una sorella stroncati da tumori.
Rimasta sola Marietta si sposa con Nicola e va ad abitare in una masseria agricola a Giugliano, alle porte di Napoli, dove presto arriverà un’altra discarica: dove arriva Marietta arrivano le discariche.
Marietta è marchiata dalla “monnezza” pertanto la odia ma, dopo un viaggio fatto a casa della sorella Marisa, nel quartiere Colli Aniene di Roma, dove si fa la raccolta differenziata porta a porta, e dove i rifiuti vengono riciclati, cambia vita. Torna a Giugliano, che come sempre è sommersa dai rifiuti e cerca, invano, di convincere le autorità a praticare gli stessi metodi scoperti nel quartiere di Roma. Nulla potendo comincia a praticare la raccolta differenziata porta a porta in assoluta autonomia e grazie all’aiuto dei figli Antonio e Vincenzo.
Se Marietta e i figli raccolgono l’immondizia il marito Nicola e l’altro figlio Cristian la “nascondono”, nel senso che sono due malavitosi che smaltiscono, in cambio di molti quattrini, rifiuti industriali pericolosissimi provenienti dal Nord che loro gettano nel mare, nei fiumi, in discariche o direttamente sulla terra agricola.
Il conflitto tra Marietta e il marito Nicola diventa il conflitto tra due modi di concepire l'ambiente la legalità e la vita in genere.

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Ulderico Pesce: +39.331.42.16.529
 
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Comunicazione
Nicola Ferrari: +39.320.94.35.130

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